10 giugno 1940: l’appiattimento di un popolo

Ancora tuona il cannone, ancora non è contento 
di sangue la belva umana e ancora ci porta il vento e ancora ci porta il vento… 

Io chiedo quando sarà che l’ uomo potrà imparare 
a vivere senza ammazzare e il vento si poserà e il vento si poserà…”

Francesco Guccini

10 giugno 1940: l’appiattimento di un popolo

Il 10 giugno 1940 è un giorno che gli italiani non dimenticheranno mai. Si tratta di una data particolare, che presenta una sua unicità: segnerà più di tante altre il destino di diverse generazioni, non solo di quella che l’ha vissuta direttamente. Il «Duce» Benito Mussolini sembra azzeccarle tutte: le opposizioni politiche sono ormai fuori – gioco, le zanzare delle paludi pontine fanno posto alle nuove città (Littoria, Aprilia, Pomezia, Sabaudia, Pontinia), l’Italia ha il suo «posto al sole» in Africa, l’alleato tedesco vince in Europa. Benito Mussolini vuole accelerare, vuoi perchè Hitler potrebbe lasciarlo a bocca asciutta, vuoi perchè ha il consenso dalla sua parte. Così, ecco arrivare il 10 giugno 1940: il Duce esce da Palazzo Venezia e si prepara ad arringare la folla. Intanto, tutte le principali città italiane si riempiono di cittadini. «Combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del Regno d’Albania, ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia. Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano […] »: numerose e fragorose ovazioni accolgono l’ingresso in guerra dell’Italia. Il popolo si prepara a riprendere le armi per l’ennesima volta nel giro di pochi decenni e la Germania – già fortissima – può ora contare sulle nostre armi. Inizia ufficialmente quella collaborazione armata il cui obiettivo è creare un nuovo ordine mondiale, fondato sulla superiorità della razza ariana e sul conseguente annullamento di quelle ritenute inferiori (in primis, la componente ebraica). Questa guerra non l’ha voluta solo Mussolini: lui l’ha annunciata e gli italiani, in maggioranza, hanno osannato l’intenzione di uccidere propri simili per l’egemonia. Per l’ennesima volta decidiamo di dare un calcio alla nostra storia, composta in larga parte da secoli e secoli di dominazioni spagnola, francese e austriaca. Noi l’unità, la libertà e l’indipendenza le abbiamo conquistate da pochissimo rispetto a tanti altri Paesi, ma dinanzi alle tentazioni di dominio siamo sempre stati molto deboli. Ben presto, ci si renderà conto che le armi di Churchill, Roosvelt e Stalin saranno molto più devastanti di quelle italo – tedesche. Sempre più famiglie piangeranno i loro cari periti durante i conflitti: all’inizio saranno considerati «morti per la patria», dopo diventeranno «morti» e basta. Quando la guerra comincerà a sprigionare anche povertà, borsa nera, occupazione alleata (a Sud) e nazista (a Nord), allora la consapevolezza di aver commesso un errore tragico sarà ormai consolidata. Ancora più tragico è comprendere che non si potrà tornare indietro: gli uomini, le donne, i bambini esplosi causa il calpestio di una mina, catturati e mandati ai campi di concentramento, torturati e morti per le troppe sofferenze etc. non potranno tornare in vita. Ci sarà poi qualcuno che a lungo ricorderà e tramanderà i danni di quel periodo: i corpi smagriti di coloro liberati dai campi di concentramento, i mutilati di guerra, i bambini privati di un’intera famiglia, città e paesi ridotti ad un cumulo di macerie, la fame etc. Un intero popolo si era appiattito, aveva deciso di anteporre la gloria e l’egemonia internazionale al rispetto ed alla tutela del genere umano. Ad un tratto non vedeva l’ora di sparare ed uccidere, fino a quando gli altri non cominciarono a fare lo stesso nei suoi confronti: allora, si tornò a «ragionare». Intanto però, almeno una generazione era stata condannata: persone che sognavano un lavoro, che volevano proseguire negli studi, che intendevano godersi una vecchiaia tranquilla… erano già finite nell’oltretomba prima del previsto.