Flashback: il caso Fondi, “Damasco 2”

(epilogo definitivo)

Circa 1 anno fa, una città della Provincia di Latina era salita agli onori della cronaca nazionale per una delle tante vicende di collusione tra criminalità organizzata e istituzioni che, purtroppo, sono ormai una parte integrante della nostra Italia. Non passa anno che nel nostro Paese non si sciolgano Comuni per infiltrazioni criminali. Ci si viene da chiedere perchè, tra tante amministrazioni sciolte nel silenzio di televisioni e stampa, Fondi ha invece avuto un ruolo «da prima pagina»?. Cosa aveva questo Comune del sud-pontino di così speciale da far chiacchierare per mesi l’Italia? Inoltre, non stiamo parlando di una città la cui amministrazione è stata sciolta. Meglio fare un piccolo riassunto: nel luglio 2009 Riccardo Izzi, ex assessore del Comune di Fondi, viene arrestato. Dalla sua bocca escono le prime parole riguardo una collusione tra amministrazione comunale e criminalità organizzata avente il suo centro nel mercato ortofrutticolo comunale, il più grande in Italia e tra i primi in Europa. La Procura di Latina avvia così l’inchiesta che prenderà il nome di “DAMASCO 2”. Ciò che ne esce è sconcertante: Fondi per anni è stata governata da un «duo centrodestrà – ‘ndrine» (la famiglia Tripodo negli ultimi anni si è radicata nella Provincia pontina). Già a fine 2008, Bruno Frattasi aveva inviato una relazione di 500 pagine all’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni per chiedere lo scioglimento del Consiglio Comunale di Fondi. Maroni dichiarò: «è da sciogliere». Da qui si avvia la fase «assurda» della vicenda. Il C.d.M. rinvia più volte la decisione. Si cade nel tragicomico: il Governo si rende protagonista di una vicenda ove doveva solo esprimere il proprio parere. Dagli atteggiamenti di alcuni esponenti politici si capisce che Fondi rappresenta qualcosa di più grosso: Silvio Berlusconi, allora premier, motivò un ennesimo rinvio perchè non c’erano prove sufficienti, l’allora Ministro della Pubblica Istruzione Gelmini negò la risposta al senatore dell’ I.D.V. Pedica (eletto nel sud-pontino) riguardo il perchè il Consiglio dei Ministri non si pronunciava. Anzi, addirittura Maroni chiese a Frattasi una nuova relazione. Il procuratore si rimise dunque all’opera. Dopo il secondo invio finalmente il Consiglio dei Ministri decide di pronunciarsi. E’ la fine del 2009, 1 anno dopo. Ma c’è un colpo di scena. La mattina del giorno in cui è prevista la seduta del C.d.M. i consiglieri di maggioranza e Sindaco si dimettono: è il tentativo estremo per evitare il commissariamento per infiltrazioni criminali. Il C.d.M. ci ripensa: Fondi NON è da sciogliere. E’ una sconfitta, un punto a favore del sistema politica – criminalità organizzata. Come è potuto accadere tutto ciò? C’è una sola spiegazione: qualcuno è riuscito a tessere un filo tra l’amministrazione comunale sotto inchiesta e il Consiglio dei Ministri, qualcuno che per fare ciò, non poteva che essere un parlamentare. Quel qualcuno è Claudio Fazzone (allora senatore in quota PDL, coordinatore del partito in Provincia di Latina; durante la puntata di «Annozero» ha minacciato più volte di querela il direttore del quotidiano «Latina Oggi» per le notizie pubblicate riguardo l’inchiesta). Non ci ha impiegato molto – in quanto senatore di maggioranza – a stabilire un contatto diretto con il Governo e a guadagnare tempo con la speranza che si calmassero le acque. Alla fine, a giochi quasi fatti, ha lanciato l’ultima freccia: quella di far dimettere l’amministrazione di Fondi. Lo scioglimento è stato così evitato. Il Comune è stato commissariato perchè i consiglieri hanno rimesso le deleghe. Il commissariamento per infiltrazioni criminali avrebbe invece permesso una maggior pulizia a livello legale. Il prefetto Bruno Frattasi è stato spostato di competenza (mio pensiero: aveva lavorato «troppo bene»). Il 19 dicembre 2011, il Tribunale di Latina ha inflitto oltre 100 anni di condanne così ripartiti: 15 anni per Venanzio e Carmelo Tripodo; 13 anni per Aldo Trani; 7 anni per Alessio Ferri; 7 anni e 5mila euro di multa per Vincenzo Bianchi; 5 anni per Antonio Schiappa, Giuseppe de Silva, Antonio d’Errigo, Franco Peppe, Igor Catalano; 6 anni per Riccardo Izzi; tante altre condanne minori.

Il 26 giugno 2013 si è svolta la sentenza d’appello: 10 anni e 8 mesi per Carmelo e Venanzio Tripodo; 9 per Aldo Trani, 5 anni e 6 mesi per Antonino d’Errigo, 6 anni per Franco Peppe, 6 anni per Riccardo Izzi. Le condanne minori sono rimaste invariate.L’associazione per delinquere di stampo mafioso è stata riconosciuta a tutti coloro che l’avevano ricevuta in primo grado. Quindi, seppur con qualche riduzione, l’impianto accusatorio ha resistito.

Il 4 settembre i giudici hanno confermato in Cassazione le condanne per i promotori dell’assdciazione a delinquere, tra questi Carmelo e Venanzio Tripodo e Aldro Trani, annullando con rinvio la posizione di alcuni imputati: Riccardo Izzi, assistito dall’avvocato Renato Archidiacono, Antonio Schiappa, difesto da Giulio Mastrobattista e Vincenzo Biancò: per tutti loro servirà un nuovo processo in Corte d’Appello. Annullamento invece senza rinvio per Pasquale Peppe. Revocata infine la confisca dei beni per Tripodo e Trani con rinvio.

La macchina giudiziaria ne dovrà fare ancora di strada. Questa infatti è solo la sentenza di I° grado. Ma Fondi una sentenza definitiva l’ha data. Anzi, più di una:

  • la Provincia di Latina è ormai un terreno fertile per la criminalità organizzata. Purtroppo, non potrebbe essere altrimenti in una zona del centro – Italia dove sono previsti da anni grandi investimenti (Ospedale del Golfo, Bretella Cisterna – Valmontone…);
  • la politica locale e nazionale ha dimostrato una volta di più che, per tutelare il proprio interesse (Claudio Fazzone ha un grande bacino di voti nel sud – pontino, Latina e provincia per il centrodestra sono roccaforti indispensabili a livello soprattutto regionale), sull’illegalità ogni tanto ci si può passare sopra.

A Fondi lo Stato ha perso 2 volte: contro il sistema e contro la giustizia.