BOTTA E RISPOSTA

“Caro direttore, ho deciso di scriverle dopo aver letto il suo articolo di fondo di domenica scorsa, 30 settembre.

Sono cresciuto in casa con un nonno, contadino, che mi diceva che i soldi nella vita non hanno alcun valore, che la cosa più importante sarebbe stato lo studio e la conoscenza. Quando sono stato eletto sindaco per la prima volta, nel 2007, mio padre, bracciante contadino che allora aveva settanta anni, mi ha preso da parte e mi ha detto: «Io ho lavorato una vita per voi, adesso vorrei riposarmi, almeno con la testa. la sera mi piace andare a giocare a carte al bar; non farmi sentire chiacchiere, se ti dovessero servire soldi lascia stare quelli del Comune che sono di tutti, rivolgiti a me che per quanto possibile ti aiuterò». Ci rimasi male; forse no sarebbe servita questa ulteriore lezione, ma pensò bene di impartirmela, perché non si sa mai un figlio si faccia trascinare dalle tentazioni della vita. Al momento della mia elezione l’indennità che mi sarebbe spettata per legge di circa 2.200, euro netti. me la sono ridotta autonomamente, cinque anni e più or sono, in tempi no sospetti, portandola a 1.780, 00 euro netti; di questi 270 mensili vanno al partito Democratico; me ne restano 1.500,00 mensili. La riduzione è stata operata anche sull’indennità degli assessori e tuttora perdura; il risparmio proveniente dalla decurtazione lo abbiamo destinato per gli insegnanti di sostegno ai bambini disabili, a proposito quanto da lei detto sull’attenzione per i più deboli nel suo articolo. Sempre a proposito di soggetti deboli, nella scorsa consiliatura a Cori, abbiamo istituito un centro per il sollievo per gli anziani fragili e dedicato particolare attenzione alle politiche sociali, grazie anche ad un’assessora che si è impegnata molto in quel settore. Se le interessa aiutiamo anche finanziariamente le carenze dell’ospedale di comunità, che dovrebbe essere competenza della Asl e da cinque anni abbiamo lasciato inalterate le tariffe del trasporto scolastico e delle mense, per non creare problemi alle famiglie. Le telefonate di funzione, quelle legate all’incarico di sindaco, le faccio con il mio telefonino a mie spese; lo stesso avviene per gli spostamenti istituzionali; con la mia macchina, a mie spese. Senza rimborsi, Non ho mai chiesto una lira al PD, che anzi sovvenziono da quando sono Sindaco, attenendomi al regolamento interno. Raramente partecipo a cene, mi piace mangiare a casa, il cibo è più salutare; e nemmeno ai convegni se non quando mi interessano particolarmente. Non scrivo questa lettera per diventare protagonista di un dibattito; non cerco candidature; il mio viaggio nella politica finirà quando scadrà il mo secondo mandato di sindaco; per me è stato un onore ed è stato anche fin troppo. Quello che mi ha fatto indignare e che mi ha spinto a scriverle è questa necessità di gettare tutto in un tritacarne con i toni di un tramonto dove ogni gatto è grigio; tutti uguali, tutti coinvolti. Persino tutti gli amministratori comunali lontani anni luce dal contesto in cui è accaduto lo scandalo; senza nessun potere di controllo e mi permetta, neppure senza alcuna conoscenza diretta del fenomeno. Nessuno obbliga infatti l’amministratore di un Comune a conoscere l’entità dei fondi a disposizione dei gruppi regionali e l’uso che ne veniva fatto; e siccome non ho rapporti di confidenza con nessuno dei consiglieri regionali, se non rapporti politici, non posso dubitare su eventuali usi impropri fatti su quei fondi. Mi offende questa espressione: «come se le paranze locali non fossero a loro volta destinatarie e fruitrici di buona parte di quelle spese a man bassa». Il termine paranze non lo conosco. Io sono montanaro di origine contadina ed è al di fuori del mio lessico. Durante il mio mandato ho fatto tre viaggi; uno ad Auschwitz con i ragazzi della scuola, in pullman e non con l’aereo come alcuni miei colleghi; mi sono pagato la quota del viaggio: 500,00 euro. Uno con gli Sbandieratori di Cori a Mosca e mi sono pagato il biglietto aereo di andata e ritorno mentre il soggiorno era a carico dell’organizzazione. A Torino, due giorni a «terra madre», con le donne di Giulianello, cantrici contadine di particolare suggestione, con spese a mio carico. Dall’alto delle lezioni che ho ricevuto nella mia vita, non le riconosco la legittimazione a darmi lezioni di onestà. Lo so, il suo è un ragionamento di carattere generale, con poco spazio per le distinzioni, ma comunque mi sembra lei non abbia interesse a farle. E questo mi pesa molto, perché nella mia vita non solo quella politica e da sindaco, ho cercato sempre di estire l’abito dell’one stà, con piacere; e anche perché non ritebgo giusta questa generalizzazione, conoscendo molti altri amministratori locali, di destra e sinistra, che agiscono come me. E siccome lei cita Corrado Alvaro, io le dirò che i miei appresero la lezione dell’onestà, che forse era già insita in loro, nelle sezioni del Pci di Cori negli anni 50 dalla voce di Giovanni Ricci, che insegnava ai contadini chi fosse Gramsci e l’importanza di far studiare i loro figli. Per non farsi passare la mosca al naso, quel naso che mi sono sentito prudere leggendo le sue parole”

Tommaso Conti

Caro sindaco, apprezzo la sua lettera soprattutto perchè c’è
bisogno di testimonianze come la sua. «Molto più importante
accendere una piccola candela che maledire l’oscurità» dice Confucio.
Una frase nella quale lei ed io siamo insieme benchè opposti.
Spero lei abbia più ragione di me.

Direttore “Latina Oggi”

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