CORI E GIULIANELLO PER LA LEGALITA’

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  • 17 febbraio 1992: a Milano, presso il “ Pio Albergo Trivulzio” viene arrestato Mario Chiesa, esponente del Partito Socialista Italiano;
  • 23 maggio 1992: strage di Capaci. Il giudice Giovanni Falcone, uno dei magistrati simbolo della lotta alla mafia, perde la vita assieme alla moglie e agli agenti della scorta;
  • 19 luglio 1992: a Via d’Amelio muoiono assassinati dalla mafia il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della scorta.

 

C’è un fattore che accomuna tutti e 3 gli eventi: l’anno 1992. Ora, nel 2012, sono passati ben 20 anni da eventi che hanno segnato la storia della società italiana: MANI PULITE (con l’arresto del “mariuolo” Mario Chiesa”) e il culmine dell’azione stragista della mafia ( la morte dei giudici Falcone e Borsellino).

Sono fatti che hanno modificato profondamente gli anni successivi: Bettino Craxi vedeva crollare i suoi sogni di Presidente della Repubblica, politici e imprenditori passavano dal lusso alle sofferenze di chi è destinato alle patrie galere ( per la prima volta insomma, gli alti vertici del potere italiano venivano assoggettati alla giustizia), la società rialzava la testa contro la criminalità organizzata ( anche se, come spesso succede nell’italica concezione, per riconoscere i meriti di chi lotta per affermare la legalità, deve prima scapparci il morto).

E così, ecco presentarsi l’ homo novus Silvio Berlusconi ( 1994) e la progressiva fine di quella rivoluzione legalitaria che il pool Davigo, Colombo, Di Pietro ( e poi Boccassini… ) aveva avviato e che sarà ostacolato da provvedimenti legislativi volti più a colpire l’azione dei magistrati anziché favorire le indagini, la presunta trattativa Stato – Mafia (aggravata ora, a mio modesto avviso, dalla richiesta del conflitto di attribuzioni sollevato dal Presidente della Repubblica contro la Procura di Palermo), il mistero dell’agenda rossa di Paolo Borsellino…

Per farla breve, si è avviato un processo ( non sempre riuscito fortunatamente) volto a cancellare quanto di buono fino ad allora era stato costruito. Molti uomini coinvolti in MANI PULITE o sotto accusa per aver collaborato con la criminalità organizzata occupano ancora posti di primo piano (soprattutto in Parlamento), nonostante in molti casi ci siano prove schiaccianti.

Ma, se ancora sono lì, la colpa è loro fino ad un certo punto. Diceva Paolo Borsellino:

Siamo una Repubblica democratica, la cui sovranità appartiene al popolo. Siamo noi, cittadini della Repubblica, che decidiamo chi mandare a rappresentarci nelle istituzioni (vero, a livello nazionale non c’è più la preferenza, ma c’è ancora la possibilità di scegliere quale partito votare; inoltre, il “Trota” è diventato consigliere regionale grazie alle preferenze).

La battaglia per la legalità, per una società più giusta, spetta a noi. I cittadini devono comprendere che, in un Paese dove ancora è possibile candidare persone sotto inchiesta, la prima mossa tocca a loro, decidendo di votare non chi è più in vista, ma scegliendo anche personaggi meno noti, che si mettono in gioco per la prima volta.

Non ci vuole molto, basta un po’ di pazienza: informarsi sui candidati ( vita, fedina penale, impegno nella società).

Una rivoluzione culturale, dove gli enti locali siano in prima linea.

Giulianello e Cori nel 2012 hanno dato un forte contributo in tal senso: serata in ricordo di Peppino Impastato, serata in ricordo di Placido Rizzotto…

E’ necessaria però una politica di educazione che parta dalle scuole elementari, che duri nel tempo.

 

Cioeta Angelo