Il rugby (non) supererà il calcio

il ruby non supererà il calcio

Forse il sorpasso non arriverà mai, ma sicuramente un dualismo rugby – calcio è destinato a nascere. O forse è già nato. Sicuramente, a fine anno i programmi sportivi ricorderanno – tra le note più importanti del 2013 – la morte di Pietro Mennea, la freccia del Sud che ai mondiali di atletica del 1979 a Città del Messico corse in 19’79 i 200 metri, record mondiale battuto solo nel 1996 e, attualmente, record europeo. Ma, altrettanto sicuramente – parlando di imprese accadute nel 2013 – un posto d’onore lo merita l’Italrugby, classificatasi quarta all’ultimo 6 Nazioni, miglior risultato di sempre della nostra palla ovale.La nazionale italiana debutta nel 6 Nazioni nell’anno 2000, vincendo la prima partita contro la Scozia, campione in carica, 34 a 20. Era il 5 febbraio. Da allora l’interesse verso questo nobile sport cresce anno dopo anno. Certo, l’Italia non si gioca mai la vittoria finale, anzi, nella maggior parte dei casi è costretta a battersi per evitare il Wooden Sponn (il famigerato «cucchiaio di legno», trofeo simbolico assegnato a chi nel torneo si classifica ultimo). Ma, nel Paese di Roberto Baggio, Gigi Riva, Gianni Rivera, della nazionale estromessa dal mondiale 2002 grazie ad un tal Byron Moreno, del 22 azzurro campione del mondo nel 2006 e vice – campione d’Europa nel 2012, sentir riecheggiare tra la gente i nomi di Mirko e Mauro Bergamasco, di Andrea Lo Cicero, di Martin Castrogiovanni ecc., fa un certo effetto. Ma cosa è successo in questo 2013? Come già anticipato, la palla ovale nostrana è arrivata quarta, miglior risultato di sempre. Nel complesso: battiamo 23 – 18 la Francia vice – campione del mondo (seconda vittoria consecutiva a Roma dopo il 2011), perdiamo 18 – 11 contro l’Inghilterra a Twickenham (per la prima volta nella storia gli inglesi non ci fanno meta a casa loro), e infine, battiamo l’Irlanda 22 – 15 (un’altra «prima volta» da ricordare: mai, da quando siamo nel 6 Nazioni, eravamo riusciti a battere O’Driscoll e compagni). Bottino: 2 vittorie, 4 punti e quarto posto. Secondo il ct dell’Italia, Brunel, tempo 2 – 3 anni e anche noi saremo in grado di lottare per il titolo. Per i fan sfegatati (come il sottoscritto), sarebbe una cosa magnifica.

Ma una certezza c’è già: il rugby ha fatto breccia nella nostra penisola. Ma che fatica! Conviene fare una distinzione. Il calcio ha dalla sua una storia rispettabilissima: l’Italia 4 volte campione del mondo, 1 volta campione europea, Milan, Juventus e Inter hanno più volte vinto la Champions League; contemporaneamente, sono stati fatti enormi investimenti, gode di un’ ampissima copertura televisiva ( si pensi solo a Sky ed ai suoi innumerevoli canali). Il rugby in confronto è «povero» in tal senso: le squadre italiane non sono mai andate oltre la bella figura in Europa, solo la «piccola » La7 ci ha creduto fin dall’inizio (negli ultimissimi anni è entrata in gioco Sky). Cosa ha reso il rugby così conosciuto? C’è un qualcosa che la palla rotonda (sport stupendo) ha perduto rispetto a quella ovale: la semplicità. Non ricordo chi mi disse che il «calcio ormai è troppo inflazionato, lo trovi tutti i giorni in ogni parte della vita». Ma, sicuramente aveva (e ha) ragione. E poi: insulti pesanti agli arbitri, risse in campo, scandali (si pensi al calcio – scommesse), giocatori superpagati che cadono a terra «fingendo» dolori atroci per poi rialzarsi un secondo dopo che l’arbitro ha stabilito un provvedimento a favore ecc. Il rugby a questo (fortunatamente) ancora non ci è arrivato: i giocatori si placcano, «sopportano» sul loro corpo 4, 5, 6… persone insieme (più di 600 kg! ) e si rialzano senza problemi, qualsiasi risultato esca dopo l’80° minuto (gli ultimi 60 secondi di gioco) i giocatori, avversari in campo, si incontrano e si rifocillano insieme (il «terzo tempo»).E’ un po’ come la politica nostrana degli ultimi tempi: gli italiani votano coloro che dicono di voler coinvolgere i cittadini nelle istituzioni, di voler garantire una politica pulita e trasparente; nello sport ci si avvicina all’attività che meno (almeno fino ad ora) guarda a soldi ed interessi personali e cerca invece di far divertire il pubblico, anche coinvolgendolo (prima di Italia – Francia, alcuni giocatori si sono inventati «bigliettai» per le vie di Roma: ve la immaginate una cosa simile nel calcio? ). Certo ciò non basta, è fondamentale anche che lo sport abbia una sua bellezza. E il rugby di bellezza ne ha tanta: si pensi solo allo schiacciare la palla in meta, risultato di una faticosa ed estenuante azione (non priva di dolori e doloretti) dei giocatori volta a superare il muro difensivo avversario.

Forse il sorpasso sul calcio non avverrà mai. Ma il rugby ormai non è più uno sport secondario. Se non fosse così, 75mila persone non si sarebbero alzate in piedi ad applaudire l’ultima partita in nazionale del «Barone » Andrea Lo Cicero. Se non fosse così, la casa degli azzurri non sarebbe l’Olimpico, ma starebbero ancora (rispettosamente parlando) nel «piccolo» Flaminio.

[banner size=”468X60″]