SIAMO STATI FIN TROPPO BUONI

Dietro alle Primarie del Partito Democratico si celavano, per Beppe Grillo ed il suo movimento, due pericoli: Giuseppe Civati e Matteo Renzi. Il primo non era nuovo a tentativi di mediazione tra i parlamentari del suo partito e quelli del movimento; il secondo, con una capacità mediatica in grado di scontrarsi alla pari con quella dell’ex comico genovese, giovane e soprattutto convinto che i grillini andassero sfidati sul loro campo. D’altronde basta vedere come, più volte, i due «giovani rampanti» del PD siano stati bollati dai pentastellati: l’ «inno» di Giuseppe Civati diventava – secondo il blog di Grillo – «Pippo non lo sa», il deputato diventava la persona del «vorrei ma non posso», colui che «vorrebbe essere come noi, ma non può», secondo un “esimio parlamentare a 5 stelle” era uno avente molte caratteristiche in comune con Borghezio, un incoerente etc.; il secondo diventava l’ «ebetino di Firenze», «Renzi(e)», sempre secondo il medesimo esimio parlamentare a 5 stelle «il buco con la camicia intorno» etc. In poche parole, per il bene del suo movimento, una volta tanto ed in cuor loro, Beppe Grillo ed i suoi tifavano per la nomenklatura, per quella parte del PD che per 20 anni ha guidato il gruppo dirigente. In poche parole: sperava nella vittoria di Gianni Cuperlo. Come era largamente prevedibile, così non è stato; il nuovo segretario del Partito Democratico è Matteo Renzi.E, come promesso, ha deciso di lanciare il guanto di sfida. Il Partito Democratico è disposto a rinunciare ai 42 milioni di euro di rimborsi elettorali (tematica questa da discutere meglio, in quanto c’è il rischio di lasciar cadere la politica nelle mani di qualche lobbies, tra cui una di queste è la Casaleggio Associati), ma contemporaneamente, il Movimento 5 Stelle se la sente di firmare per la conversione del Senato in Camera dei Comuni, rompendo con la peculiarità del sistema istituzionale italiano (l’unico al mondo dove le due Camere hanno poteri e funzioni parificate) e facendo risparmiare allo Stato 1 miliardo di euro? Ovviamente, i destinatari della proposta non ci hanno pensato su due volte a ripetere quelle due lettere che ormai, da tempo immemore, sembrano far comprendere che il «nuovo che avanza» ci fa rendere nostalgico il vecchio: NO! Almeno le motivazioni della risposta fossero nel merito. Giusto per dirne due: il PD deve restituire «quanto scippato», Renzi fa proposte di marketing e da I° Repubblica. Caso curioso, quest’ultimo, per due motivi: 1) Se c’è uno che fa marketing è Casaleggio; 2) la filosofia del “noi diciamo SI se…”, in questa legislatura, è stata utilizzata per primo proprio dai grillini, nel periodo in cui Bersani proponeva loro il famoso accordo di governo sugli “8 punti per il cambiamento” (basta andarsi a guardare qualche video del deputato di Di Battista per accertarsi di ciò).
Arrivando al sodo: Renzi ha messo in seria difficoltà Beppe Grillo:
nel giro di pochi giorni, le stoccate di Riccardo Nuti a Davide Faraone sono state rispedite al mittente dall’interessato. D’altronde, è difficile prendere lezioni da chi si è candidato alle Comunali di Palermo con scritto sulle schede elettorali “Riccardo Nuti detto Grillo”, da chi è entrato in Parlamento prendendo 174 voti online e presentandosi agli elettori con un video di 90 secondo (per dire: è inutile attaccare le primarie del PD quando si hanno certi scheletri dentro l’armadio);
Matteo Renzi ha proposto l’abolizione del Senato, ma su ciò non è stato dato alcun giudizio. Si è preferito dribblare la questione, con generiche (e ormai scontate) considerazioni sugli sprechi della politica.
Inoltre:
dopo l’umiliazione subita da Bersani;
dopo le etichettature ricevute da Civati
scusatemi, ma il «muso duro» di Renzi ci voleva. Da oggi il coltello dalla parte del manico ce l’abbiamo noi.

Siamo stati fin troppo buoni. Adesso la musica cambia.

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