IL VENTO E’ CAMBIATO. “Il nostro vento soffia ancora”

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Eppure il vento soffia ancora,spruzza l’acqua alle navi sulla prorae sussurra canzoni tra le foglie,bacia i fiori, li bacia e non li coglie.

 

Eppure sfiora le campagneaccarezza sui fianchi le montagnee scompiglia le donne fra i capelli,corre a gara in volo con gli uccelli.

 

Eppure il vento soffia ancora…”

 

(P. Bertoli)

 

Cambiare non sempre significa rinnovaremodificare. Cambiare può significare anche rendersi più consapevoli, più maturi e più convinti.

Non si cambia mai in vista di un peggioramento. Di solito quando si decide di cambiare lo si fa per creare una situazione migliore.

Penso che gli uomini siano in grado di capire quel che è meglio o peggio per loro. In vista quindi di una razionale scelta tra lo star bene e lo star male, ognuno credo possa indicare la sua preferenza di rendere migliore, o quanto meno accettabile, la propria esistenza.

Sembrerebbe un discorso molto lontano dalla realtà che ha caratterizzato questi giorni, o che comunque qualifica qualunque giorno prima di un’elezione, che altro non è che una grande occasione per esprimere un voto, cioè la propria preferenza.

Il voto è un diritto e un dovere. Un diritto nell’esprimere la propria opinione politica. Un dovere civico che diventa sempre più efficace quale mezzo a disposizione del popolo per influenzare la politica (che èsopratutto popolo).

Un voto, se considerato singolarmente, a prima vista, potrebbe sembrare una semplice formalità consuetudinaria. Quante persone infatti si rifiutano di votare adducendo come giustificazione il fatto che tanto un solo voto non potrebbe cambiare le cose? Se continuassimo a guardarlo solo sotto l’aspetto di un voto (nella sua unità) questo potrebbe essere vero. Ma basta pensare all’insieme di tutte le nostre preferenze, che quell’assurda ipotesi svanisce. Perché l’insieme di tante preferenze può cambiare davvero le cose.

Una sola voce potrebbe non fare la differenza, ma un coro la garantirebbe.

Non a caso il coro, nell’antico teatro greco svolgeva la funzione più rilevante all’interno della tragedia. Al contrario del singolo attore, esso rappresentava l’intera cittadinanza, colloquiava con l’attore e rifletteva, commentava le situazioni rappresentate nella tragedia espletando in pieno la finalità catartica della tragedia stessa. Poi, a lungo andare, ha perso questa sua funzione “collettiva”, forse per l’interesse che solitamente desta in sé il personaggio, l’attore (il singolo) piuttosto che la collettività, il popolo (il coro).

Quel che si è andato perdendo, in generale, nel tempo, è la figura del popolo. Dell’unità dei singoli. Ma quel che sopratutto viene meno è proprio l’ unità dei singoli. Quando c’è coesione, c’è armonia. Tant’è che l’armonia per i greci altro non era che la combinazione ideale dei suoni, era la bellezza ideale della scultura. Insomma era tutto quello che insieme stava bene, in modo perfetto, in modo logico, quello che era considerato bello.

Ieri il popolo ha espresso la sua preferenza. Ha esercitato un diritto e un dovere civico. Ha dedicato una parte del suo tempo per cambiare un poco le cose. Con un grande risultato. Non solo una vittoria eclatante, ma indirettamente dimostrando che il vento è cambiato. Che non c’è spazio per il “nuovo”che poi nuovo non è. Non c’è spazio per qualcosa che non è bello, che non è armonico, che non è unito. L’alternativa alla scelta vincente infatti sarebbe stata proprio questa: un insieme di individui disuniti, completamente e radicalmente diversi, che nell’insieme risultavano nient’altro che un ammasso informe e caotico di difficile unione e sopratutto comprensione.

Il paese ha confermato l’amore per le cose belle, per le cose semplici. Per quelle piccole cose che, seppur piccole, sanno fare grande rumore e trascinarsi dietro un grande eco.

Il Piccolo Principe ci insegna che “non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”.

NOI abbiamo visto col cuore e non solo con gli occhi.

Non abbiamo bisogno di parole vuote o di grandi personaggi, abbiamo bisogno di sentire vicini i nostrirappresentanti, di sentirli col cuore.

Perché per fare il sindaco, per essere il primo cittadino, per essere quello che i romani chiamavanoprimus inter pares,il primo tra un gruppo di persone, al suo stesso livello, con la stessa dignità, ci vuole per prima cosa un grande cuore. (Il nostro Sindaco lo ha ricordato più volte infatti).

I cittadini hanno riconosciuto la loro umiltà, le loro capacità, senza guardare la grandezza delle loro tasche o l’eco delle loro conoscenze.

Un voto dato a loro è un voto che abbiamo dato a tutti noi, con la consapevolezza e l’impegno che contraddistingue ormai da anni la nostra comunità.

Perché insieme si può resistere. Insieme si possono cambiare davvero le cose.

E vedere un popolo unito sotto un unico valore, un unico ideale, o un’unica fede è sempre emozionante.

Quando un popolo è unito, nessuno è solo. E nessuno lascerà solo nessuno.

Perché il vento è cambiato. Perché il nostro vento soffia ancora.

 

 

Gianmarco