Un voto per la terra, il presente ed il futuro

panorama giulianello

 

Martedì il Consiglio Comunale ha approvato, a larga maggioranza (11 favorevoli, 3 contrari, 1 astenuto), la declassificazione dell’area artigianale di Giulianello di Cori. Un tema che non è passato affatto inosservato: critiche alla scelta della giunta Conti sono arrivate sia dall’opposizione sia da membri interni alla maggioranza stessa.

Premetto: la questione dell’area artigianale non ho mai avuto modo di studiarla a fondo, soprattutto perchè ho concentrato il mio tempo in altre tematiche (cultura, ambiente, giovani etc.). Ma, se ben abbiamo capito noi «ragazzini» del Consiglio di Comunità, l’area artigianale della frazione – realizzata (a suo tempo) per dare una base di sviluppo al paese – non è mai decollata. In effetti, passando per la strada che porta verso Artena (zona in cui l’area suddetta è stata collocata), si fa fatica a riconoscere tracce di attività commerciali. Eppure, la zona non è malvagia, essendo collocata tra la Provincia di Roma e Latina, vicina a servizi quali Valmontone Outlet e Rainbow MagicLand, a pochi km dall’autostrada più lunga d’Italia. Sorge spontanea una domanda: come mai, dopo anni, in pochissimi hanno deciso di investire in quella zona? Non avendo la competenza necessaria, i dettagli tecnici li trascurerò. Mi orienterò invece su un altro versante. Dunque, fino a qualche anno fa la Provincia di Latina era un polo industriale di tutto rispetto, ricco di piccole, medie e grandi imprese, fonte di occupazione e di guadagno per molte famiglie. Erano gli anni della Cassa del Mezzogiorno, da cui le aziende traevano notevoli benefici economici. Nel 1984, questo ente pubblico viene soppresso: un rubinetto di denaro in meno per le industrie. Intanto, si affermano i fenomeni della delocalizzazione, della globalizzazione, delle politiche industriali che abbandonano il nostro Paese per investire all’Est, dove la pressione fiscale e la manodopera hanno prezzi minori. In più, le grandi infrastrutture (es.: la Bretella) tardano a trovare la luce. In pillole: della vitalità lavorativa che permeava i nostri paesi, resteranno molti capannoni vuoti, destinati ad invecchiare senza alcuna manutenzione e a deturpare il paesaggio.

L’area artigianale di Giulianello intendeva cogliere le opportunità dell’industrializzazione, ma non ci è riuscita. Quando non si ottengono i risultati, il territorio resta come prima, ma qualcuno ci rimette. Chi? In questo caso i proprietari terrieri, che fin da quando si sono ritrovati le loro terre innalzate da territorio agricolo ad artigianale, hanno dovuto pagare un’imposta di 18 euro al metro quadro, in attesa che qualcuno non si decideva ad acquistare i loro lotti. E’ giusto? A chi piacerebbe pagare un’imposta al solo scopo di remissione? Sicuramente a nessuno. Il parere favorevole del Consiglio di Comunità (votazione di lunedì 14 aprile 2014: 4 favorevoli, 3 contrari, 1 astenuto) teneva conto soprattutto di ciò.

E poi, veramente non abbiamo appreso nulla dal nostro passato industriale, di quello che ci sta lasciando in eredità?

Senza poi dimenticare la «tragedia» del consumo di suolo. L’espressione «tragedia» non è affatto esagerata: il nostro tempo è forse il primo che sta conoscendo, in maniera costante e non saltuaria, disastri ambientali. Frane, smottamenti etc. sono ormai all’ordine del giorno. Le future generazioni molto probabilmente avranno a che fare in maniera peggiore con tali disastri, specie se non cominciamo ad avviare una seria politica di tutela del suolo. A tal proposito, è utile ricordare anche due parole: usi civici.

Altra considerazione: i favorevoli al mantenimento della zona hanno motivato la loro scelta con espressioni che più o meno recitavano: « […] in previsione di un eventuale sviluppo del paese », « mettiamo caso che qualcuno ora voglia edificare a Giulianello … » etc. Ma, dopo anni e anni di attesa, non possiamo continuare con questi (ipocriti) periodi ipotetici. Rendiamoci conto che, più anni aspettiamo e più generazioni illudiamo e bruciamo. Allora è necessario un radicale cambio di passo, una scelta che vada in controtendenza con quanto fatto fino ad ora. Garantire la salvaguardia e lo sfruttamento della terra significa dare una certezza al presente e al futuro; aspettare eventuali investimenti commerciali è una probabilità che non possiamo avere il lusso di considerare. E’ una politica che non riguarda solo il Comune di Cori, bensì la penisola. Si pensi solo alla Regione Lazio, che ha deciso di aprire un bando per affidare terreni agricoli a persone tra i 18 ed i 39 anni (http://www.arsialweb.it/cms/index.php?option=com_content&task=view&id=933&Itemid=176 ).

Immancabile, il capitolo « Bretella Cisterna – Valmontone ». Da destra, centro e sinistra arrivano difese dello status quo perchè ora, soprattutto dopo la recente sentenza del TAR (http://www.h24notizie.com/news/2014/04/11/bretella-cisterna-valmontone-via-libera-dal-tar-di-roma/ ), potremo sfruttare la nuova strada di collegamento tra le due province laziali. Tra i fautori di questa tesi, anche chi è avverso al progetto stradale. Insomma, prima la combattiamo e poi favoriamo ulteriore cemento oltre a quello della Cisterna – Valmontone. Mi sembra – detto in gergo natatorio – un tuffo con triplo salto mortale più doppio avvitamento.

Si tratta di tanti buoni motivi che rendono la decisione del Consiglio di Comunità una scelta saggia, e non soggetta a pressioni da parte dei piani superiori. D’altronde, sarebbe troppo comodo etichettare come persone intelligenti e serie i membri dell’organo consultivo quando votano come pensi e speri e, viceversa, parlare di manovre, marionette, inesperienza, ragazzini etc. quando fanno una scelta del tutto opposta. Non è affatto corretto.