L’ospedale si piega ai dettami dell’ISLAM: falso !

Articolo del sottoscritto apparso qui: http://www.mondita.it/2017/02/ospedale-islam/

«Ieri nel reparto ostetricia una donna è stata trasferita di Camera perché era subentrata nella stessa una signora turca..il marito della signora turca ha fatto spostare di l’altra gestante perché lui non voleva che in quella Camera entrassero altri uomini!!! Giustamente ha pensato di essere in una clinica privata. .ma ce anche chi glielo ha permesso!! Vive l’Italia!Ps!!!! Mi chiedo se questi hanno firmato per le non chiusura del reparto!!!».  Così scrive Vittoria Stancanelli nel gruppo Facebook pubblico Mugugni d’Ineja e du portu, il giorno 26 gennaio 2017 (link). In poche parole, il 25 gennaio, presso l’ospedale d’Imperia, due futuri genitori di origine turca si presentano nel nosocomio perché la donna sta per partorire. La futura mamma viene quindi portata in una camera da condividere con un’altra paziente.

Ma, alla prima viene riscontrata una patologia infettiva, dunque si decide per il trasferimento dell’altra donna, allo scopo di evitare contagi. Il post su Facebook, però, miete le prime conseguenze dovute ad un racconto completamente diverso e falso, forse dovuto al nervosismo per il lieto evento (l’autrice nei commenti sotto il post specificherà che la donna trasferita era la figlia). Interviene un consigliere regionale, Alessandro Piana, esponente della Lega Nord che si lascia alle seguenti dichiarazioni: «Nell’epoca dell’ostentazione di finto buonismo e tolleranza accade che una ragazza italiana si veda costretta ad essere spostata perché il marito musulmano della sua compagna di stanza non vuole che ci siano uomini nella camera della moglie. Non ce la vengano a raccontare: questo è un autentico episodio di razzismo nei confronti di cittadini italiani, incomprensibilmente avvallato da qualche buonista “di reparto» (post del 27 gennaio 2017).

Aggiunge: «Ho parlato direttamente con le vittime di questa vergogna e non mi risulta che il trasferimento sia stato disposto per motivi sanitari, come sostenuto inizialmente dalla direzione dell’Asl1 Imperiese. Un ospedale è per tutti. Chi ha sbagliato deve pagare e, a questo punto, sarebbe opportuno aprire un’inchiesta interna sull’inaccettabile episodio di discriminazione, legittimata perfino nei nostri ospedali, spesso sovraffollati, per accertare le singole responsabilità. In tal senso, d’intesa con l’assessore e vicepresidente Sonia Viale, ho già predisposto un’interrogazione che verrà discussa in consiglio regionale con carattere d’urgenza. Il gravissimo fatto di razzismo ai danni di una giovane mamma di Imperia e dei suoi famigliari dimostra la disparità esistente anche nelle nostre strutture pubbliche. Difendiamo le nostre donne dai folli dettami dell’islam» (guarda questo link).

Cerchiamo di fare ordine. Innanzitutto, la pubblicazione di post come quello di Vittoria Stancanelli non è un caso isolato. Accade spesso, infatti, che le persone tendano a sfogare la loro rabbia sui Social Network, dovuta ad ingiustizie (vere o presunte) subite in ospedale. Questa forma di protesta, legittima, ha nella stragrande maggioranza dei casi un limite: non si specificano eventuali risposte che la struttura sanitaria ha dato alla persona “vittima” di ingiustizia. All’interno degli ospedali, infatti, esiste l’URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico), a cui è possibile chiedere informazioni e spiegazioni su un determinato fatto. Nel post della Stancanelli, succede invece che lei motiva il trasferimento della figlia con questioni di razza e religione. Paradossalmente, forse senza accorgersene, nei commenti scrive un testo che la porta dalla parte del torto. Chiede infatti una persona: «Vittoria. ..ma voi non avete protestato con la direzione sanitaria? ??». La risposta: «Luciano…sono arrivata a cose avvenute..ma non per questo lascio cadere la cosa…». Troppo comodo: se il trasferimento non ti è piaciuto, puoi chiedere (se dimostri che ci sono validi motivi) di ripristinare la situazione precedente. Più in generale, prima di scrivere un post su Facebook, meglio chiedere al personale competente spiegazioni, se le tue intenzioni sono quelle di chiarire e non di sollevare polveroni inutili.

Passiamo ora alle parole del consigliere regionale. Anche qui, l’analisi è spietata. Piana parte subito con la certezza che il trasferimento è stato fatto su richiesta del marito. Di conseguenza, dichiara di aver parlato con le “vittime” del fatto e di aver ottenuto conferma che il trasferimento non era stato disposto per motivi sanitari. Quindi, avrebbe intrapreso le azioni necessarie per evitare il ripetersi di episodi di “razzismo” del genere. È un castello di carte:

  1. il consigliere ha dato adito ad un post su Facebook e ha parlato solo con le vittime, ma non ha proferito parola con la persona accusata. Se vuoi comprendere cosa veramente è successo, le parti le devi ascoltare tutte. Ci ha pensato Imperiapost a chiedere la versione dell’accusa, contattando direttamente Murat Kirik, persona incolpata dell’accaduto, che ha risposto: “Ma questi sono pazzi? Si sono inventati tutto. Pensano davvero che io possa avere una mentalità del genere? Ma per chi ci avete preso?Io avrei voluto che mia moglie fosse in camera con altre persone perché io sono sempre al lavoro e non riesco a starle vicino quanto vorrei in questo momento così importante della nostra vita […] Noi quella donna non l’abbiamo neanche mai vista  […] l’ospedale ci ha solo comunicato che mia moglie avrebbe dovuto restare in camera da sola. Quando siamo arrivati nella stanza doppia, una volta usciti dalla sala parto, infatti, all’interno non c’era nessuno”. “Le accuse nei miei confronti […] sono totalmente inventate. Io non ho mai chiesto niente tantomeno di non avere uomini insieme a mia moglie, ma che mentalità pensano che abbiamo? E’ stato l’ospedale a disporre il trasferimento […] Mi sono già fatto consegnare tutti gli articoli di giornale e i post su internet, sono pronto a querelare” (questa la fonte)
  2. il consigliere viene a sapere dalle vittime che non vi erano motivi sanitari, ma poi non chiede conferma al personale ospedaliero (almeno così lascia intendere nell’articolo). Sarebbe stata cosa buona e giusta conoscere la versione dell’ospedale. L’ospedale, infatti, una risposta la lascia: «“In ospedale si cerca, nel limite del possibile, di favorire situazioni personali di disagio. Non è una regola, ma se c’è un posto libero in un’altra stanza questa situazione viene favorita, ma questo riguarda cristiani, mussulmani e altre religioni.  Può succedere anche che uno abbia molti parenti e, per evitare che si crei confusione, siccome il reparto è nuovo e molto bello anche dal punto di vista dell’accoglienza, se si può si cerca di favorire le singole situazioni a tutela della privacy indipendentemente dalla religione». Inoltre, un comunicato era già stato emanato dalla ASL, ove si parlava della patologia infetta come causa e motivo del trasferimento:

Insomma, una semplice azione di tutela della salute si è trasformata in un ennesimo caso di guerra tra poveri, in strumento di propaganda politica anti – musulmana. Chissà se, a parti inverse, si sarebbe sollevato un polverone del genere.