Il femminicidio ai tempi dei social network

femminicidioÈ il tour dell’orrido, del disgusto, dell’ennesima conferma che il genere umano è una macchina perfettamente in grado di uccidere in diversi modi i suoi simili. Ciò non va interpretato come il semplice atto di porre fine alla vita della persona, bensì umiliarla fino al punto di renderla una bertuccia della società, una sagoma di carta su cui disegnare, colorare e ritagliare a proprio piacimento. E quando il divertimento è di gruppo, allora la situazione diventa più bella ed interessante. I social network, a tal proposito, si presentano come un terreno ottimale per postare foto di donne, spesso a loro insaputa, da sottoporre a commenti osceni da parte di uomini che sicuramente non hanno una mente completamente sana. L’Espresso, in una sua inchiesta ( Stupro su Facebook: ecco che cosa si dicono gli uomini che umiliano le donne ) ha aperto una breccia sul proliferare di gruppi di fanatici maniaci della carne femminile su Facebook. La lettura diventa quel tour dell’orrido di cui si parlava all’inizio dell’articolo. Partendo da un gruppo a caso, Cagne in calore, nel giro di pochi click ti puoi ritrovare in «luoghi di discussione» del tipo Zoccolette deliziose 2.0,  Porca e vogliosa,  Seghe e sborrate su foto di amiche conoscenti. Si tratta soprattutto di gruppi privati, a cui puoi accedere solo chiedendo l’iscrizione. Saltiamo volentieri questo passaggio, limitandoci a riprendere qualche espressione evidenziata dall’inchiesta de L’Espresso: «labbra da pompinara da riempire»; «E che ne dite di questa che per otto anni me la sono scopata? Se c’è qualcuno interessato, in privato posso dire dove può trovarla». Nonostante l’ articolo 167 del Codice della Privacy, Internet spesso sembra essere terra di nessuno: le leggi della vita reale non sembrano applicarsi nel virtuale. Questa cruda realtà porta ad una triste riflessione: non illudiamoci di sconfiggere il femminicidio con iniziative culturali, marce o altre iniziative tradizionali. Per fortuna o purtroppo, il mondo è cambiato ed è necessario studiare strumenti di lotta validi per quel campo di battaglia che è la frontiera di internet. In attesa (che non sia troppo lunga) di un’applicazione delle leggi concreta e forte anche sul web, è necessaria una rivoluzione culturale nella testa di ciascuno di noi: prendere l’impegno di usare internet per il divertimento sano, per lo studio e il lavoro, per mantenere relazioni e contatti, segnalando o comunque facendo notare alle persone le mele marce su cui ci si imbatte durante la navigazione. Sarebbe un passo in avanti importante, che allora ci permetterebbe di dire, finalmente, che il femminicidio è possibile abbatterlo anche nella versione cyber. Ma, nel frattempo, in attesa di questa «utopia»,  i social network continuano nel loro comportamento ambiguo: bloccare profili di persone il cui nome è Isis (Si chiama Isis: Facebook le blocca il profilo) ed impegno minimo nei confronti dei fanatici della carne femminile. Il femminicidio è anche questo: umiliare la donna ogni giorno, perché donna. Se non ora, quando?

 

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